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di Gloria Nobile

Sardegna, 2035: un fisico della collaborazione Einstein Telescope si trova nella sala di controllo dell’esperimento per monitorare dati e parametri provenienti dal rilevatore. Durante il lavoro, riflette sul suo passato: gli studi, la carriera e la vita da ricercatore, e in quel momento viene trasportato indietro nel tempo. Durante il viaggio, dalla Sardegna all’origine dell’universo, descrive le strutture di quest’ultimo e osserva fenomeni come la fusione di buchi neri. Riesce così a spiegare la formazione e la propagazione delle onde gravitazionali delle quali, di ritorno alla sala di controllo, scorge un segnale.

Questo racconto, dal titolo “Viaggio in una storia lunga 14 miliardi di anni” è stato proposto a 200 studenti di cinque scuole superiori della Sardegna. L’attività, progettata presso il dipartimento di fisica dell’Università di Cagliari e la sezione di Cagliari dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ha indagato l’efficacia dell’uso delle storie come strategia per insegnare e apprendere la scienza. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista “Physics Education”.

«Si tratta del primo lavoro in Italia in cui il nome ET è associato alla didattica più che alla divulgazione», spiega Matteo Tuveri, primo autore dello studio. «Ed è l’inizio di un processo di messa a sistema di attività di didattica della fisica all’interno della collaborazione ET».

In particolare, attraverso tecniche teatrali e narrative sono stati introdotti argomenti come buchi neri e onde gravitazionali, talvolta con inserti di fisica in lingua sarda pensati per costruire un immaginario e un pensiero visuale di fenomeni invisibili.

«Gli innesti di lingua sarda presenti nel monologo sono poesie, filastrocche o intercalari», precisa Tuveri. «Questa componente all’interno dell’attività – seppur in quantità molto ridotta – è funzionale al racconto, del quale rafforza la potenza narrativa e l’identità del personaggio, legata anche al luogo in cui è stato realizzato ET nella storia».

Sebbene queste pratiche di insegnamento e apprendimento avvengano perlopiù in contesti informali, i risultati di questo lavoro di ricerca, ricavati da un questionario somministrato agli studenti, indicano le storie come un valido strumento metodologico di insegnamento e un mezzo per imparare superando le difficoltà legate ai contenuti. E in effetti, rispetto ai licei scientifici, i licei classici hanno percepito lo strumento artistico e linguistico della poesia come significativamente più efficace per avvicinarsi alla fisica.

«Non tutti e tutte devono fare fisica e non tutti e tutte lavoreranno al progetto Einstein Telescope. Ma molti magari sì, perché ET ha tutte le carte in regola per attrarre un grande bacino di utenza», conclude Tuveri. «Attraverso i metodi e le storie della fisica si può apprendere il metodo scientifico. L’uso della narrazione nelle scuole per promuovere la fisica contemporanea, in questo caso la fisica di ET, non genera soltanto un atteggiamento positivo verso la scienza, ma ha la potenzialità di orientare gli studenti verso carriere STEM o STEAM (Science, Technology, Engineering, Arts, Mathematics)».